Come già anticipato, volenti o nolenti, le Disposizioni Anticipate di Trattamento (c.d. DAT) sono entrate a pieno titolo nell’ordinamento giuridico italiano con la legge 219/2017, che le ha disciplinate compiutamente all’art. 4.
Visti i rischi e le opportunità che questo nuovo strumento giuridico propone, vale la pena soffermarsi sulla modalità di corretta redazione delle stesse, partendo dal presupposto che non occorre per forza rivolgersi ad un professionista, come un notaio o un avvocato, essendo ammessa la redazione autonoma delle DAT con deposito all’ufficiale di stato civile del proprio comune di residenza.
Altra dovuta premessa riguarda il fatto che non tutti possano redigere le DAT. La legge testualmente esclude tutti coloro che non sia dotati di attuale capacità di agire, cioè di compiere atti giuridici validi: minori, interdetti e coloro che per le loro condizioni personali o di salute non siano in grado di esprimere validamente consenso (si pensi alla persona malata di Alzheimer).
Ciò premesso si possono individuare alcuni aspetti da tenere a mente per non incorrere in errori banali che poi vadano a rendere vane o inutilizzabili le DAT.
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Prima di redigere le DAT occorre acquisire informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte. L’optimum sarebbe una relazione medica che attesti le attuali condizioni di salute di chi dispone e riporti, anche sommariamente, le probabili conseguenze in termini medici delle scelte che verranno poi riportate nelle DAT (per es. dato atto che Tizia, donna di 56 anni, ha queste condizioni di salute: anamnesi da cui emerga che è anemica e che se rifiutasse le trasfusioni di sangue ne deriverebbe probabilmente la morte). In alternativa è possibile anche redigere le DAT, portarle dal proprio medico di famiglia, o altro di propria fiducia, e parlarne insieme, inserendo nelle DAT stesse la data del colloquio e il nome del medico.
Questo passaggio non è solo una formalità perché veramente solo la consapevolezza delle proprie scelte le rende valide e supera il rischio ideologico-emotivo di cui si è già parlato.
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Un aspetto di novità molto importante della legge riguarda la volontà o meno di essere informato, il c.d. diritto a non sapere. Alcune persone in determinate situazioni preferiscono non avere notizie circa il proprio stato di salute (per es. per non sapere della propria c.d. terminalità). Nelle DAT occorrerebbe prendere posizione sul punto e chiarire, inserendo eventualmente le generalità, le persone cui possono essere date le proprio informazioni sanitarie.
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A questo punto occorre elencare le proprie volontà rispetto a terapia del dolore, trattamenti intensivi e rianimazione, utilizzo di dispositivi di sostegno vitale (per es. intubazione, alimentazione e idratazione artificiale, dialisi), trasfusioni di sangue o emoderivati, utilizzo di determinati farmaci o metodiche diagnostiche.
In questa fase emerge con tutta importanza il confronto avuto con il medico, soprattutto per evitare termini difficilmente applicabili (si pensi per es. una disposizione come: “non voglio trattamenti di supporto vitale se dovessi trovarmi in stato vegetativo” con tutto il problema di capire quando si è in presenza di uno stato vegetativo. In questi casi sarebbe per esempio preferibile sostituire stato vegetativo con “stato di permanente e irreversibile incoscienza o impossibilità motoria”).
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Ad integrazione di quanto scritto al punto 3 è opinione comune che si possa dare spazio a un momento di riflessione personale in cui riversare le proprie convinzioni etiche, filosofiche, religiose (quella sorta di testamento spirituale di cui ho già parlato nell’altro contributo). Questa parte è eventuale e non necessaria, ma potrebbe essere utile nell’interpretazione delle proprie volontà alla luce del caso concreto (per es. il rifiuto dei trattamenti intensivi potrebbe essere non conforme alla propria volontà se questi consistessero nella ventilazione meccanica non invasiva in un contesto di pandemia).
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Nomina di un fiduciario. La legge prevede che si possa procedere a nominare un fiduciario che possa prestare autonomamente il consenso o meno a determinati trattamenti sanitari oppure che dia attuazione a quanto capillarmente elencato nelle DAT. Le DAT quindi potrebbero essere redatte anche con la sola nomina del fiduciario (e se del caso di un suo supplente) oppure con le informazioni di cui ai punti 3 e 4. Per espressa previsione di legge il fiduciario deve essere persona capace di intendere e di volere (si parlerà in un prossimo contributo della figura problematica del fiduciario).
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A questo punto occorre datare, firmare e consegnare il documento all’ufficiale di stato civile o al professionista cui ci si è rivolti. Sarebbe buona norma verificare, a distanza di qualche tempo, se le stesse DAT siano effettivamente confluite nel Registro nazionale istituito dal ministero della Salute. Diversamente sarebbero introvabili e quindi non applicabili.
In un prossimo contributo ci si soffermerà sul problema della nomina del fiduciario e delle disposizioni economico-patrimoniali.
avv. Stefano Kaczmarek