Una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento per il quale, nei casi di responsabilità medica, spetta al professionista provare la correttezza del proprio operato e non al paziente che lamenta il danno, in tutti quei casi in cui la prestazione sanitaria del professionista sia caratterizzata dal fatto di essere di facile eseguibilità o routinaria. In altre parole, spetterà al medico dimostrare che il suo operato, non conforme nemmeno ad uno standard di base della professione, sia dovuto a fattori indipendenti dal suo operato. Rientrano nella casistica, a titolo esemplificativo, i casi di interventi ortopedici semplici, di ingessatura di un arto, di esecuzione di un taglio cesareo, dell’impianto di capelli artificiali, di intervento di liposuzione, di somministrazione di un’anestesia, dell’applicazione di un catetere o degli interventi di tipo odontoiatrico. In tutti questi casi pertanto l’onere probatorio sarà fortemente sbilanciato a vantaggio del paziente e il professionista si vedrà al contrario costretto a dimostrare che il danno non sia dipeso da sua colpa, ma da eventi imprevedibili o comunque non rientranti nella normale alea propria della prestazione.
dott. Stefano Kaczmarek
Studio Legale Maiorca